LA CONFESSIONE
Tratto
dal Giornalino di Vieni e Vedi
Il sacramento della
Penitenza o Riconciliazione è il sacramento istituito da Gesù Cristo per
rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo (Catechismo S. Pio X).
Esso
tocca le profondità del mistero della Misericordia di Dio, tema oggi fin troppo
banalizzato e inflazionato, confuso spesso con una sorta di buonismo
filantropico e quasi messo in contrapposizione ai concetti di giustizia e di
Verità.
Col Battesimo siamo liberati dal peccato originale e diveniamo figli di
Dio, ma la nostra natura resta fragile, debole, soggetta alle tentazioni del
diavolo e incline al peccato. S. Giovanni Apostolo, infatti, afferma che “se
diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi”
(1Gv. 1,8). Col sacramento della Confessione non soltanto otteniamo la
remissione dei peccati e laviamo la nostra anima, ma allo stesso tempo lodiamo
e ringraziamo Dio per la Sua infinita Misericordia e riceviamo la Sua grazia
per essere più forti nel nostro quotidiano combattimento spirituale.
Ecco cosa
si richiede per una Confessione ben fatta:
1) Esame
di coscienza (preparazione). Serve per poter riconoscere i nostri peccati. La
coscienza, se è ben formata, è il luogo in cui Dio ci parla. Ascoltarla non
significa “fare quel che ci pare”, pertanto quando si parla di primato della
coscienza occorre stare molto attenti a non fraintendere. In questo esame i
dieci comandamenti ci fanno da guida.
2) Dolore
dei peccati. Saper riconoscere il nostro peccato, avere il cuore e l’animo
contrito. Spesso, durante le confessioni, il S. Curato d’Ars piangeva al posto
dei penitenti. Chiediamo questa grazia: le lacrime per i nostri peccati che
offendono Dio!
3) Proponimento
di non commetterne più. Sen non abbiamo questa disposizione interiore vuol dire
che non siamo davvero pentiti.
4) Accusa
dei peccati. Non tacere volutamente al confessore qualche peccato: se infatti
l’ammalato per vergogna tenesse nascosta la sua ferita al medico, come questi
potrebbe curarla? Il precetto minimo della Chiesa prevede l’obbligo di
confessare i peccati gravi almeno una volta l’anno, tuttavia Essa raccomanda
una confessione frequente e anche dei peccati veniali per accostarsi degnamente
alla S. Eucarestia e per non adagiarsi nelle proprie miserie e progredire nel
cammino di santità.
5) Soddisfazione
o penitenza. La Misericordia non è separata dalla giustizia: avendo offeso Dio
col nostro peccato, occorre riparare. L’assoluzione del sacerdote toglie il
peccato (la colpa), ma non porta rimedio a tutti i disordini che esso ha creato
e non cancella del tutto le pene (cosa che invece fa l’indulgenza). La
penitenza può consistere nella preghiera, un’offerta, un’opera di misericordia
o qualche sacrificio.
Il sacerdote è dunque il
canale attraverso il quale scorre il fiume della Misericordia di Dio per le
anime. Questo ministero straordinario richiede grande rispetto e delicatezza
verso colui che è caduto, ma anche amore alla Verità, fedeltà al Magistero
della Chiesa e una vita di preghiera e di penitenza. Tanti sacerdoti si sono
santificati soprattutto per l’amore e la dedizione con cui amministravano
questo ministero. Pensiamo, oltre al già citato S. Curato d’Ars, anche a S.
Leopoldo Mandic o a S. Pio da Pietralcina. Oggi spesso viene data poca
importanza a questo sacramento e certa teologia moderna filo-protestante vorrebbe
ridurre la “questione” al rapporto diretto tra l’anima e Dio. Ma non è questo
che ha voluto Gesù che ha affidato agli apostoli anche la missione di rimettere
i peccati.
Ringraziamo pertanto Dio quando incontriamo sacerdoti, che consacrano
tanto tempo della loro vita a questo ministero che, insieme alla celebrazione
della S. Messa, dovrebbe davvero essere il cuore della vita di un prete.
Quando si parla di
periferie esistenziali si pensa spesso solo alle povertà materiali dell’uomo o
ai problemi sociali, ma quanto più lo sono le nostre anime con le nostre
miserie spirituali? E in questo campo siamo tutti poveri e bisognosi che Dio ci
tenda la mano.
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